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CETA: il libero scambio dal punto di vista del mercato italiano

L’accordo che nello scorso anno è diventato operativo, il CETA, elimina i dazi sulle merci esportate tra  Canada e Unione Europea. I dazi aboliti si intendo da entrambi i fronti agevolando così sia il mercato europeo che quello canadese.

Inoltre il CETA aiuta 143 prodotti europei contro la contraffazione. E’ infatti inserito all’interno dell’accordo la protezione dei prodotti certificati che conta fra tutti 41 prodotti italiani

Coldiretti sostiene che 41 prodotti italiani contrassegnati dai simboli IGP e DOP siano ancora troppo pochi, rispetto alla vasta gamma dell’offerta italiana. Come in ogni analisi,però, è necessario tener conto delle quote di mercato dei prodotti riconosciuti e di quelli non riconosciuti. Per il momento, infatti, i 41 prodotti inseriti all’interno del CETA sono quelli con la maggior quota di mercato e quindi fondamentali a coprire la richiesta canadese.

I primi dati dell’agroalimentare fanno segnare un +7%  di crescita export nel mercato canadese, mentre  tutto il comparto no food segna un +11%.

Il CETA e Confindustria: perché si

Il presidente di Confindustria dice sì al CETA e ai benefici che esso porta con se. Sostiene, infatti, che per l’industria italiana aprirsi ai mercati esteri sia fondamentale per evitare il depotenziamento dell’export che al momento è, in termini di valore, intorno  ai 550 miliardi di euro e di questi 450 sono ricavati dalla manifattura.

Inoltre, per riportare un esempio, il trattato stilato con la Korea in 7 anni ha fatto segnare all’export italiano un +40% tutelando il Made in Italy in uno di quei paesi in cui il più grande competitor è il basso costo della mano d’opera.

Il CETA e il comparto orafo italiano

Il settore della gioielleria sopravvive grazie all’export. Questo perché all’interno del mercato italiano con il PIL in una situazione di stallo o discesa non ha prospettiva di crescita ed inoltre pesa tantissimo il costo della materia prima rispetto alla mano d’opera.

Dai dati forniti dal presidente di Assogemme, solo il 13% della produzione di gioielli arriva al mercato interno, mentre grazie al CETA l’export verso il Canada è aumentato del +75%. La mancanza dei Dazi su questo tipo di prodotto è fondamentale. Il Made in Italy del settore riesce finalmente a competere con la concorrenza orientale anche sul livello del prezzo proposto al consumatore finale e non soltanto sulla base del design e della qualità.

Grazie all’export la gioielleria italiana fattura 7 miliardi e 600 milioni per 8.000 aziende tutte artigiane e che contano 5 o 6 dipendenti ciascuna.

Le prospettive in un mercato senza dazi dicono che potremmo aumentare ancora il valore esportato di un miliardo.

L’agroalimentare aumenta l’export grazie al CETA

Anche il settore agroalimentare ha potuto sentire gli effetti del trattato. Infatti, può considerarsi il settore che è più contraffatto e in pericolo a causa dei numerosi prodotti, tutti made in Canada simili a quelli italiani. In Canada fino a prima del CETA il prosciutto di Parma non poteva utilizzare il proprio marchio perché registrato da una ditta autoctona.

La difficoltà di emergere era piuttosto tangibile, ma oggi grazie al CETA è possibile tutelare i nostri prodotti grazie ai marchi IGP e DOP.

Un settore in forte crescita è quello del caseario con un export  di 3 miliardi di euro l’anno e con una crescita per singolo prodotto di:

  • Pecorino Romano +62%
  • Provolone +69%
  • Gorgonzola +80%
  • Asiago e Cacio Cavallo +40%
  • Mozzarella di bufala e altri freschi +33%
  • Parmigiano Reggiano +8%

Tra i prodotti più replicati, come detto in precedenza, troviamo Prosciutto di Parma e Prosciutto di San Daniele, ma oggi grazie al CETA che tutela le denominazioni l’export è cresciuto del 50%.

Il CETA ha portato molti vantaggi per il nostro export che, togliendo la Gran Bretagna, ci rende solo secondi alla Germania per le esportazioni verso il Canada. Ora non resta che aspettare un accorda tra USA e Cina che condiziona il commercio mondiale per mantenere questi standard.

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