- 24 Novembre 2014
- Postato da: Ego International
- Categoria: Esportare
Continua a far discutere l’ultima osservazione compiuta da Il Sole 24 Ore sull’export italiano. Perché, se da una parte qualunque stakeholders si sofferma nel sottolineare come l’export sia una leva fondamentale per contribuire a un congruo sviluppo del tessuto imprenditoriale italiano, evidenziando il pregio del commercio estero al fine di compensare le difficoltà del mercato nazionale, d’altra parte non si può non puntualizzare sul cronico ritardo che contraddistingue le pmi italiane (spesso, senza alcuna colpa) in relazione ai processi di internazionalizzazione. E così, prendendo spunto da quanto precede, il quotidiano economico finanziario ha effettuato una interessante elaborazione su dati OECD, Oxford Economics e Eurostat, riprendendo in toto le valutazioni fornite dalla Sace.
Qualche dato statistico
Dalla base di cui sopra, si scopre che l’utilizzo della leva dell’internazionalizzazione è destinato ad aumentare ovunque, ma che il trend di ricorso a tale processo, rispetto a quanto avverrà in altri mercati, in Italia assume connotati di maggiore lentezza
Secondo Sace, ad esempio, nel 2007 l’export pesava per il 29% del Pil italiano, con una percentuale che è salita al 30% nel 2013 (pertanto, di un solo punto percentuale in 6 anni) e che è stimata essere il 33% nel 2017. In Spagna, dove l’economia non è certo in condizione più florida, l’incidenza dell’export sul Pil era al 31% nel 2007, del 37% nel 2013 e, soprattutto, salirà al 41% nel 2017. Ancora meglio va in Germania, dove l’incidenza del Pil sull’export era del 47% già nel 2007, e sarà del 58% nel 2017.
Ancora, Sace evidenzia come – a parità di dimensione – le PMI italiane sono meno propense a varcare i confini nazionali. La propensione all’internazionalizzazione, calcolata come quota delle aziende esportatrici sul totale, è pari al 29% per le aziende italiane tra i 10 e i 49 dipendenti , contro una percentuale del 47% in Germania e del 48% in Spagna.
Il gap risulta essere confermato anche nel cluster delle aziende tra 50 e 249 dipendenti, con una percentuale di aziende esportatrici italiane pari al 49% del totale, contro il 68% della Germania e l’85% della Spagna. Sorprende altresì il consolidamento di un gap negativo nel cluster delle grandi aziende con oltre 250 dipendenti, con una quota di aziende esportatrici italiane pari al 54%, contro l’80% della Germania e il 95% della Spagna.
Dall’infografica sotto riportata, evidenziamo altresì un dato di sicura positività: tutte le imprese che hanno esportato, ed hanno diversificato il proprio portafoglio di destinazioni, sono riuscite a trarre ottime soddisfazioni. Tuttavia, anche in questo caso la performance italiana risulta essere fortemente in ritardo rispetto a quanto conseguito tra alcune delle più evidenti best practices del vecchio Continente.
La crescita media annua dell’export italiano verso i Paesi avanzati appartenenti all’Unione Europea è infatti stata pari all’1,4% tra il 2000 e il 2013, contro il 2,8% della Germania e il 3,5% della Spagna. La progressione dell’export medio annuo italiano nei confronti dei Paesi avanzati extra UE è invece dello 0,6% nel periodo 2000-2013, contro il + 2,8% della Germania e il 3,3% della Spagna. Gap negativo anche sul fronte della crescita media annua dell’export 2000 – 2013 nelle aree emergenti extra UE: la prestazione dell’Italia, + 6,3%, è inferiore di 1,8 punti rispetto al + 8,1% della Germania, e di ben 2,6 punti rispetto al +8,9% della Spagna.
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