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Export agroalimentare in Iran, ottime previsioni sul triennio

 

Secondo quanto affermano le ultime stime Nomisma, la fine delle sanzioni imposte alla Repubblica Islamica dell’Iran coinciderà con una forte ripresa delle esportazioni di Made in Italy del settore nel Paese. Una ripresa talmente dinamica e significativa che entro il 2018 il derivante controvalore del commercio estero crescerà fino a raggiungere quota 40 milioni di euro.

 

Stando a quanto ricordano ulteriormente le osservazioni di Nomisma, oggi l’80% dell’export agroalimentare in Iran è costituito da prodotti trasformati, mentre il restante 20% è rappresentato da prodotti agricoli. Tra i prodotti più commercializzati, l’olio di oliva costituisce tutt’oggi la principale voce dell’agroalimentare sul mercato iraniano, con un peso sul totale dell’export di settore del 15%. Rilevante è la quota dei mangimi (13%), dei semi di ortaggi (12%) e degli altri tipi di oli vegetali (10%), mentre una pur considerevole singola cifra riguarda i dolci (6%) e gli aceti (4%). Sorprende, ma solo limitatamente, il fatto che un ruolo marginale sia attribuito alla pasta, uno dei perni fondamentali dell’export agroalimentare italiano nel mondo: oggi l’export di pasta in Iran vale poco di più di 100.000 euro, sufficienti – comunque – per poter assicurare al nostro Paese una posizione di leadership.

 

Ad ogni modo, i numeri sono previsti in immediato rapido incremento, sulla considerazione principale che la fine delle sanzioni dovrebbe condurre a un tempestivo miglioramento della situazione economica iraniana e, di riflesso, dei consumi alimentari: facile dunque prevedere una crescita delle vendite di beni alimentari d’importazione, ambito nel quale l’Italia dovrebbe ottenere un facile approdo grazie all’appeal esercitato in via crescente sui consumatori iraniani di classe media.

 

Insomma, anche alla luce delle più recenti evoluzioni in materia, rimane l’impressione degli enormi margini di ripresa dell’export italiano in Iran. Sia sufficiente ricordare, in tal proposito, come tra il 2000 e il 2013 l’Iran abbia importato in media, ogni anno, 38 miliardi di euro, e come l’Italia abbia una quota di mercato del 4,6%: prima dell’approdo delle sanzioni (2000-2005) l’Italia disponeva invece di una quota di mercato di quasi il 7%, con un ritmo di crescita di export italiano verso l’Iran pari al 23,5%, contro una media del 17,8%.

 

Già prima dell’avvio del periodo sanzionatorio, le esportazioni italiane avevano comunque subito alcuni effetti negativi, poi collimate in un calo del 19% dell’export avvenuto nel 2006, e un andamento altalenante negli anni successivi. Nel 2011 un nuovo calo, con tassi di contrazione del 25% nel 2012 e nel 2013. Complessivamente, le sanzioni economiche all’Iran hanno avuto un costo stimato (Sace) per l’Italia di oltre 16 miliardi di euro negli ultimi dieci anni.

 

Il seguente grafico Sace ci conferma quel che è accaduto, e quel che sarebbe potuto accadere senza sanzioni:

 

 

 

 

Per quanto attiene invece i prodotti maggiormente esportati in Iran, il settore più dinamico è quello della meccanica strumentale, che pesa per oltre metà dell’export italiano nel Paese. Si tratta altresì del settore più colpito dalle sanzioni, con perdita stimata in 11 miliardi di euro.

 



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